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Michelle M. Weil e Larry D. Rosen oltre ad aver contribuito a definire in cosa consista il tecnostress hanno individuato un’altra forma di disagio derivato dall’utilizzo di strumenti tecnologici che prende il nome di tecnosi.
I ricercatori definiscono la tecnosi come la dissoluzione del confine tra uomo e tecnologia; le persone instaurano infatti un rapporto disfunzionale con gli strumenti tecnologici ed iniziano a pensare che dovrebbero agire e svolgere i propri compiti alla stessa velocità degli oggetti che utilizzano.
Inoltre spesso accade che gli utenti instaurino un rapporto di dipendenza estremamente accentuato con gli oggetti tecnologici di cui fanno uso; tale rapporto di subordinazione contribuisce a rafforzare questa relazione disfunzionale.
L’insorgenza di questo fenomeno è lenta e spesso coloro che ne sono colpiti non ne hanno consapevolezza e ne divengono consci quando i sintomi sono ormai evidenti.
Come accennato precedentemente, la tecnosi è caratterizzata dallo sviluppo di un rapporto di dipendenza con gli strumenti tecnologici, ciò è inoltre accompagnato dalla sensazione di non riuscire a svolgere con successo le attività che si sono intraprese senza l’ausilio di elettrodomestici od oggetti tecnologici ed il soggetto avverte la continua necessità di accelerare e sveltire il proprio lavoro.
Un esempio di questo disagio potrebbe essere dato dall’impossibilità di redigere di un testo senza l’ausilio del computer.
Il rischio per le persone affette da tecnosi è quello di diventare più orientati verso gli strumenti tecnologici ed al contempo meno sensibili verso quelli che sono i propri bisogni e quelli degli altri.
Altro rischio inoltre è quello di divenire talmente dipendenti dai dispositivi tecnologici da perdere la propria identità.
Nei casi più gravi i soggetti colpiti da questo disagio arrivano addirittura a definire se stessi e la loro personalità sulla base delle prerogative degli oggetti tecnologici che posseggono; ad esempio in base al loro brand o alle funzioni e le proprietà che li caratterizzano.
Per la foto si ringrazia: jimmyroq Follow @PsicologicaBlog
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